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ESCLUSIVA CFITA-MARA GÓMEZ E LA LOTTA CONTRO AI PREGIUDIZI (IT/ESP VERSION)

Aggiornamento: 20 feb 2021


ITALIANO


Nata il 7 marzo 1997 a La Plata, nella provincia di Buenos Aires, in Argentina, Mara Stefania Gómez, giocatrice del Villa San Carlos, ha parlato in esclusiva ai microfoni si Calcio Femminile Italia a riguardo della sua storia e delle sue idee di calciatrice trans.


Ciao Mara. Come va il ritiro nello stadio del tuo club, il Genacio Sálice?


«Molto bene. Il ritiro è la parte più esigente in quanto si tratta di apprendere bene le tattiche e i movimenti con le compagne».


Alla fine la federazione argentina, la AFA, e la federazione mondiale, la FIFA, ti hanno riconosciuto come giocatrice di calcio.


«Sì, lo vedo come un risultato di conquista. L’anno passato era una cosa impossibile, ora finalmente si è realizzato. Chiaro che non è la conclusione di tutto, in quanto il calcio femminile deve fare altri passi in avanti. Io spero in un futuro inclusivo e possibile per tutte le persone che vogliono praticarlo. Ciò che mi piacerebbe è che sia uno sport che possa viaggiare su due binari paralleli, cioè che indipendentemente dal sesso e dal genere tutti quanti possano praticare questa attività.

Amo il calcio e sono contenta di aver vinto la mia battaglia».

In interviste passate hai detto che il calcio è come una terapia. In che senso?


«È una terapia contro le discriminazioni. Grazie al calcio posso dimostrare che è un’opportunità aperta a tutti senza distinzioni.

La gente vede lesbiche, gay e trans come persone differenti, quando in realtà io per prima ho relazioni, lavoro, studio come una qualunque persona di questo mondo. Se posso fare tutto ciò è anche grazie alla mia famiglia che capisce la mia situazione, mi accetta, accetta la mia operazione e il mio cambio di genere. Mi appoggia e mi accompagna nel percorso di ogni tappa della mia vita, dall’adolescenza, al giorno d’oggi e non mi esclude dalla mia casa. Così io posso giocare a calcio, studiare e non stare in una casa di prostituzione come fanno molte mie amiche trans che non possono mantenersi per vivere».


Come vivi ora le giornate con la gente che conosce la tua storia?


«Bene, ciò che accade è che se la società non ha una cultura non è facile, ma la mia battaglia è anche questa. È difficile cambiare il mondo e fare in maniera che non esistano più etichette e che tutti accettano le differenze.

Alla fine, siamo tutti umani e tutti abbiamo il diritto di vivere come più ci piace».


Le ragazze del Villa San Carlos hanno avuto problemi quando hai deciso di unirti a loro?


«Il 6 gennaio 2020 inizio a giocare. Per me è un sogno che si realizza. Alla fine anch’io gioco allo sport che più mi piace.

In squadra tutti mi rispettano e sono tratta come le mie compagne che mi hanno accettata sin dall’inizio. Tutte appoggiano la mia battaglia».


Esistono l’omofobia e i pregiudizi in Argentina?


«Diciamo che sono meno di prima. Anni addietro si considerava il cambio di sesso come una malattia psicologica. Per questo si rinchiudevano le persone che cambiavano il proprio sesso. Ora no, ma c’è sempre chi vede questa categoria di persone definendole differenti. Siamo persone con un altro orientamento sessuale, con una maniera differente di vivere».

Speri di essere chiamata in nazionale?


«Mai pensato. Ora sono felice di essere una giocatrice professionista e chiaro che, se un giorno sarò chiamata a rappresentare la nazionale, accetterò.

Vestire la maglia dell’Argentina è un privilegio e un orgoglio per qualunque sportivo, uomo o donna che sia.

Il calcio femminile argentino cresce ed è molto pulito. Alcune giocatrici vanno anche all’estero, come per esempio Dalila Ippólito che ora gioca in Italia nella Juventus».


Hai detto che ti piacerebbe che il calcio sia uno sport misto, ma il livello ormonale dei giocatori non potrebbe essere una complicanza?


«Non si tratta di livello ormonale o meno, ciò che conta è la qualità del giocatore o della giocatrice. Lionel Messi ha vinto 6 palloni d’oro, ma è alto meno della media dei giocatori maschi.

Gli ormoni in qualunque corpo umano sono importanti, ma un trattamento invasivo può provocare effetti inversi come il cambio di umore, cambi frequenti delle emozioni, una degenerazione dei muscoli che possono perdere la loro forza e la loro velocità. In uno sport ciò che conta di più sono la tecnica e le qualità di ogni sportivo o sportiva.

Parlando di calcio, siamo 11 giocatrici al centro del campo e ognuna ha una maniera differente di giocare. Ci sono sempre vantaggi in uno sport, altrimenti non ci sarebbero i campionati e se nessuna squadra avrebbe vantaggi o svantaggi le partite terminerebbero sempre 0-0 senza emozioni.

È un tema complicato che deve essere ben ragionato per potersi intendere».

Obiettivi della nuova stagione?


«Il mio obiettivo è di giocare in altri club qui in Argentina e poter viaggiare in altri paesi per giocare all’estero. È sia un obiettivo, quanto un sogno.

A parte il calcio, voglio anche completare i miei studi».


Grazie mille a Mara e alla sua rappresentante Lorena Berdula che ci hanno permesso questa intervista da tutto il personale della redazione di Calcio Femminile Italia.


Di Fulvio Buongiorno


ESPAÑOL


MARA GÓMEZ Y LA LUCHA CONTRA A LOS PREJUICIOS


Nacida el 7 marzo 1997 a La Plata, en la provincia de Buenos Aires, en Argentina, Mara Stefania Gómez, jugadora del Villa San Carlos, ha hablado en exclusiva a los micrófonos de Calcio Femminile Italia sobre su história y sus ideas de futbolista trans.


Hola Mara. ¿Qué tal la pretemporada en el estadio de tu club, el Genacio Sálice?


«Todo bien. La pretemporada es la parte más exigente en cuanto se trata de aprender bien las tácticas y los movimientos con las compañeras».


Al final la federación argentina, la AFA, y la federación mundial, la FIFA, te han reconocido como jugadora de fútbol.


«Sí, lo veo como un resultado de conquista. El año atrás era cosa imposible, ahora al final se ha realizado. Claro que no es la conlcusión de todo, en cuanto el fútbol femenino tiene que hacer otros paseos adelantes. Yo espero en un fútbol inclusivo y posibible para todas las personas que quieren practicarlo. Lo que me gustaría es que sea un deporte que puede viajar sobre dos pistas paralelelas, o sea independientemente del sexo y del género toda la gente puede practicar tal actividad.

Amo el fútbol y estoy contenta de haber ganado mi batalla».

En entrevistas anterior has dicho que el fútbol es como una terapia. ¿En que sentido?


«Es una terapia contra las discriminaciones. Gracias al fútbol puedo demostrar que es una oportunidad abierta a todos sin distinciones.

La gente vee lesbianasas, gays y trans como personas diferentes, cuando en realidad yo por primera tengo relaciones, trabajo, estudio como cualquiera persona de este mundo. Si puedo hacer todo eso es también gracias a mi familia que entiende mi situación, me acepta, acepta mi autopersepción y mi cambio de género. Me apoya y me acompaña en el transcurso de cada etapa de mi vida, desde la adolecencia, al día de hoy y no me excluye de mi casa. Así yo puedo jugar al fútbol, estudiar y no estár en casa de prostitución como hacen muchas compañeras trans que no pueden mantenerse para vivir».


¿Cómo vives ahora los días con la gente que conoce tu historia?


«Bueno, lo que pasa es que si la sociedad no tiene cultura no es fácil, pero mi lucha es también esa.

Es dificil cambiar el mundo y hacer en manera que no existen más etiquetas y que todos aceptan las diferencias.

Al final, somos todos humanos y todos temenos el derecho de vivir como más nos gusta».

¿Las chicas del Villa San Carlo han tenido problemas cuando has decidido de unirte a ellas?


«El 6 de enero 2020 empiezo a jugar. Para mi es un sueño que se realiza. Por fin yo también juego al deporte que más me gusta.

En el equipo todos me respetan y soy tratada como mis compañeras que desde el principio me han aceptado. Todas apoyan mi lucha».


¿Existen la homofobia y los prejuicios en Argentina?


«Decimos que son menos que antes. Años atrás se consideraba la autopercepción como a una enfermedad pscicológica. Por eso se encerraba a la gente que mutaba su género. Ahora no, pero hay siempre quien mira a esta categoria de personas definiendola diferentes. Somos personas con otra orientación sexual, con una manera diferente de vivir».

¿Esperas ser llamada para la selección?


«Nunca pensado. Ahora soy feliz de ser jugadora profesional y claro que, si un día seré llamada a rapresentar la selección, aceptaré.

Vestir la camiseta de Argentina es un privilegio y un orgullo para cualquier deportivo, hombre o mujer que sea.

El fútbol femenino argentino crece y es muy lindo. Algunas jugadoras se van también al extranjero, como por ejemplo Dalila Ippólito que ahora está en Italia a la Juventus».


Has dicho que te gustaría que el fúbtol sea un deporte mixto, ¿pero el nivel hormonal de los jugadores no podría ser una complicación?


«No se trata de nivel hormonales o menos, lo que consta es la cualidad del jugador o de la jugadora.

Lionel Messi ha ganado 6 veces el balón de oro, pero es alto menos de la media de los jugadores masculinos.

Las hormonas en cualcquier cuerpo humano son importantes, pero un tratamiento invasivo puede provocar efectos inversos como el cambio de humor, cambios frecuentes de las emociones, una degenarción de los músculos que pueden perder sus fuerza y sus velocidad. En un deporte lo que más vale son la técnica y las cualidades de cada deportivo o deportiva.

Hablando del fútbol, somos en 11 jugadoras al centro de la cancha y cada una tiene una manera diferente de jugar. Hay siempre ventajas en un deportes, sino no haría campeonatos y si ningún equipo tuviera ventajas o deventajas, los encuentros terminarían siempre 0-0 sin emociones.

Es un tema complejo que tiene ser bien razonable para entenderse».

¿Objetivos de la nueva temporada?


«Mi objectivo es de pasar por otros clubes acá en Argentina y poder viajar en otros paises para jugar al extranjero. Es tanto un objectivo, como un sueño.

A parte de lo que es lo futbolístico, quiero también completar a mis estudios».


Muchisimas gracias a Mara y a su representante Lorena Berdula que nos han permitido esta entrevista desde todo el personal editorial de Calcio femminile Italia.


De Fulvio Buongiorno


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