Intervista a Francesca Soro, difensore e capitano della Pink Bari.
Nata il 17 febbraio 1988 a Sassari, Soro ci ha raccontato, grazie a delle nostre domande, cosa significa essere leader e calciatrice di una squadra di serie A del calcio femminile dei nostri giorni.
Allora Francesca, come hai passato questa quarantena lontana dai campi e dalla squadra?
"Per motivi di sicurezza anche nei riguardi della mia famiglia, ho preferito restare a Bari e non tornare in Sardegna. Per fortuna, anche se lontana dai campi, ho avuto modo di condividere questa quarantena con alcune compagne di squadra che hanno reso il tutto meno pesante".
Essere capitano della Pink Bari è sicuramente sinonimo di responsabilità. Quali sono i tuoi compiti all’interno dello spogliatoio?
"Non mi piace parlare di compiti, semplicemente credo che un buon capitano debba dare voce alle esigenze del gruppo, essere d’esempio soprattutto per le più giovani e di dare il 100% dentro e fuori dal campo sotto tutti i punti di vista".
Sotto quali aspetti ti confronti con la squadra e con la nuova coach Cristiana Mitola?
"Con la squadra ci confrontiamo sotto gli aspetti tecnico-tattici dopo ogni partita e quando lo riteniamo necessario negli allenamenti. Con la coach anche, magari con un occhio di riguardo al reparto difensivo visto il suo passato e i suoi suggerimenti preziosi da difensore centrale".
Che cosa occorrerebbe per far crescere ancora di più il movimento del calcio femminile in Italia?
"In generale, un cambiamento di visione culturale che abbiamo visto essere iniziato dopo i mondiali femminili della passata estate, e investitori che credano nel valore di questo sport con progettualità seria e la eventuale collaborazione con le società professionistiche maschili che aiutano ad amplificare la visibilità del movimento e ad avvicinare tifosi al calcio femminile".
La presidentessa del club Alessandra Signorile ha dichiarato che sarebbe interessante unirsi al team maschile. In una realtà come la città di Bari, pensi sia un connubio possibile da poter attuare?
"L’abbiamo già sperimentato in passato e assolutamente si, il connubio è possibile. Per noi, inoltre, visto l’attaccamento dei tifosi baresi alla maglia, rappresenterebbe solo un onore avere il galletto sul petto e essere sostenuti dal loro affetto".
Il ricordo più bello legato alla tua carriera calcistica e quello con più rammarico?
"Di ricordi belli ne ho tanti ma sicuramente se ne devo scegliere qualcuno scelgo l’esordio in Serie A al fianco della mia migliore amica Rossella Sardu (attualmente capitano dell’Hellas Verona) con la maglia della Torres, società della mia città e con una storia calcistica incredibile; e poi, con la maglia della Pink, ci sono due momenti che mi hanno lasciato un segno sia da un punto di vista calcistico che da un punto di vista emozionale e sono: la promozione ottenuta allo spareggio con la Roma CF e la cavalcata incredibile per la salvezza della stagione dopo, quando tutti ci davano per spacciate (con 11 partite consecutive perse) e che siamo riuscite ad ottenere con 5 partite vinte di fila e 2 pareggi.
Se proprio devo scegliere un ricordo brutto e con tanto rammarico, cito l’espulsione presa al 94esimo minuto nella penultima gara di campionato contro il Brescia,
che mi ha impedito di giocare lo scontro diretto per la salvezza in casa contro il Luserna. Ancora oggi ricordo ogni dettaglio di quel fallo e del momento in cui mi son vista sventolare il cartellino rosso dall'arbitro".
Oltre a giocare a calcio, quali sono le tue altre passioni?
"Ho la passione per la musica e per il fitness. Passo molto tempo studiando nuovi tipi di allenamenti per rimanere sempre aggiornata e trovare continue motivazioni sportive. Inoltre, ho la passione per la natura, il mare, con un occhio di riguardo alla mia splendida isola".
Durante il campionato hai la possibilità di confrontarti con tante altre campionesse del calcio italiano. A chi ruberesti qualche caratteristica atletica, e perché?
"Senza ombra di dubbio ruberei la potenza della corsa a Guagni perché mi piacerebbe, una volta nella vita, provare l’emozione di essere così veloce".
Cosa consiglieresti alle bambine che come te, da grandi vogliono diventare calciatrici e magari sognano di essere capitane della propria squadra del cuore?
"Di coltivare la propria passione senza demordere mai e di vivere il loro sogno come qualcosa di tangibile, specialmente per le grandi opportunità che ci sono oggi nel calcio femminile, come gli stage delle giovanili della nazionale. Alle bambine che sognano di diventare capitane della propria squadra del cuore, non è semplice spiegare cosa vuol dire essere capitano, dando loro dei consigli però, mi sento sicuramente di dire che non importa che tipo di leader siano (silenziose, estroverse, creative), quello che davvero conta per diventare un simbolo di una squadra, di un gruppo e di una società è dare tutto sia da un punto di vista calcistico che umano.
E di amare profondamente quello che si fa, senza accantonare mai alcuni valori, di sostenere sempre le proprie compagne ricordandosi che indossare quella fascia è espressione della propria passione".
Di Fulvio Buongiorno
Photo credit: Nicola Panzarino Ph, Heallas Verana Women
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