Dopo la commovente lettera rivolta alla società del Lecce Women, le gemelle Raffaella e Alessandra Carrafa si sono cimentate in quest’intervista doppia ai nostri microfoni per parlare della loro carriera e di cosa vuol dire essere calciatrici della squadra salentina.
Ciao ragazze. La vostra lettera in cui raccontate dell’amore per il calcio e per il Lecce è stata apprezzata da tanti. Cosa vi ha spinte a scriverla?
R: "Tutto questo è nato per gioco durante il lockdown. Il mister Vera Indino ha chiesto a tutte noi ragazze di raccontare la nostra passione per il calcio con un disegno, un video, una foto oppure con una frase e io, insieme a mia sorella, abbiamo ben pensato di scrivere una lettera, raccontando il nostro percorso".
A: "L’iniziativa è nata dal mister Vera Indino nel periodo di quarantena, quando ha chiesto alla squadra di raccontare la nostra passione per il calcio attraverso un disegno o una lettera. Così noi, approfittando di quel periodo particolare, in cui abbiamo avuto tanto tempo per riflettere un po’ su tante cose, abbiamo deciso di raccontare la nostra “storia” calcistica attraverso una lettera, cercando così di spronare le ragazzine che vogliono avvicinarsi a questo mondo, il calcio. Credo sia arrivato alla gente il messaggio che volevamo arrivasse, anche se sinceramente non ci aspettavamo un “risultato“ così sorprendente".
Sin da piccole avevate la passione per il calcio. Cosa vi entusiasma di più di questo sport?
R: "Molte cose mi entusiasmano di questo sport: mi entusiasma giocare per provare a me stessa di riuscire a superare i miei limiti fisici e soprattutto psicologici delle difficoltà della vita quotidiana. Sono felice anche solo di correre, di avere il pallone tra i piedi e mi emoziono quando segno. Poi ovviamente il fatto di poter stare insieme alle compagne e fare gruppo, rende tutto ciò ancora più spettacolare e io nel Lecce mi sento a casa e ho trovato una famiglia.
Il calcio per me ha rappresentato e rappresenta non solo uno sfogo e una semplice passione, ma una vera e propria scuola di vita".
A: "La cosa che mi entusiasma di più di questo sport è il fatto che riesce a trasmettere emozioni attraverso un “semplice” gioco, riesce a trasformare le tue paure in sicurezze e per questo ho sempre detto che il calcio è magia. Quando sei su quel rettangolo verde, tutti i pensieri scompaiono, come quell’abbraccio di gruppo prima di ogni partita che cancella tutte le ansie e le paure. Quello che mi entusiasma anche molto è che puoi condividere la tua stessa passione con altre ragazze, con un gruppo che insegue lo stesso sogno, lo stesso obiettivo. Ammetto che sono molto fortunata di poter condividere tutto ciò con un gruppo di ragazze fantastiche e una società da 100 e lode, perché credo che tutto nasca soprattutto dallo spogliatoio, dall’ambiente: se c’è la serenità giusta, allora riesci a vivere l’entusiasmo a 360º. Io ormai in questo ambiente respiro l’aria di casa, aria familiare".
Fisicamente siete due gocce d’acqua, lo siete anche caratterialmente?
R: "Tra le due io sono la più fragile e quella che fatica a superare le difficoltà e i problemi della vita. Mia sorella caratterialmente è più forte e più determinata di me e riesce a superare tutto con molta più facilità e tranquillità. C'è stato un episodio 3 anni fa che ha segnato tutti noi in famiglia, ma soprattutto lei. Sapete, la perdita di un figlio non è mai facile da accettare e da superare, soprattutto quando non si ha mai avuto la possibilità di averlo avuto per un solo istante tra le braccia. Lei in questo è stata bravissima ad "accettare" la situazione con forza e coraggio e andare avanti, mentre io ci ho messo un anno e mezzo per riprendermi lentamente.
Concludo dicendole che sono fiera di lei e che non camminerà mai da sola".
A: "Da piccole eravamo molto simili caratterialmente, eravamo molto testarde, due uragani in poche parole [ride n.d.r.], poi crescendo siamo cambiate. Io adesso, per vari motivi mi sono calmata, ho imparato a farmi scivolare di dosso molte cose, per la serenità di tutti, anche se non sopporto la falsità e la doppia faccia, lì divento una belva. Mentre mia sorella è quella più impulsiva, che agisce di pancia, però in fondo siamo due brave ragazze un po’ fuori di testa (come recita il testo di una canzone)".
Alessandra difensore col numero 39, Raffaella centrocampista con il numero 23. Quanto, visti i ruoli differenti, vi supportate a vicenda in campo?
R: "Capirete il motivo, ma a questa domanda faccio rispondere lei. Vai Alex [ride n.d.r]".
A: Si, in campo ci supportiamo tanto, ci incoraggiamo e ci diamo forza a vicenda, cercandoci spesso con gli sguardi, solo per assicurarci che va tutto bene. È capitato anche che nel corso della partita ci scambiassimo i ruoli, perché secondo lei, io avevo corso di meno e lei aveva bisogno di prendere un attimo di fiato.
Non mi faccio problemi a dirle quando sbaglia, cerco sempre di spronarla e di migliorare insieme.
Quanto, invece, vi sopportate nella vita quotidiana?
R: "Da piccole non mancavano le tirate di capelli a vicenda [ride n.d.r.], ma adesso non litighiamo molto, e quando capita, dopo 5 minuti torna tutto come prima come non fosse mai successo niente. Andiamo molto d'accordo, non possiamo stare una lontana dall'altra e ogni volta che tocca dividerci è un dramma: lei è la mia metà e non posso starci senza".
A: "Sopportare? Devo ammettere che lei sopporta tanto di me e io sopporto tanto di lei. Siamo molto legate, non riusciamo a fare a meno l’una dell’altra. Quando siamo lontane, ci sentiamo 24 ore su 24, anche solo per delle sciocchezze. A volte litighiamo, è normale, e sono rare le volte in cui ci scontriamo duramente, ma quando accade, non riesco ad essere arrabbiata con lei per più di 5 minuti e allora riprendiamo a ridere e scherzare come se non fosse successo nulla prima. Senza di lei e senza il calcio non avrei superato certi ostacoli che la vita mi ha messo davanti. Insomma, lei è la mia ancora di salvezza".
Avete concluso il campionato al settimo posto con 26 punti. Che voto dareste alla stagione della squadra e perché?
R: "A questa stagione do un 7, abbiamo iniziato subito con una bella vittoria sul Ludos Palermo che poi si è rivelata una delle squadre più forti del campionato. Avrei dato di più se gli infortuni di inizio stagione non avessero influenzato il nostro percorso e la pandemia non avesse cancellato completamente la nostra stagione".
A: "Devo dire che questa stagione è stata veramente sfortunata: abbiamo perso giocatrici importanti per infortuni seri già ad inizio stagione e questo ha sicuramente influito tanto sul nostro cammino. Infine, come se non bastasse, abbiamo dovuto fare i conti anche con la rottura del legamento crociato anteriore del ginocchio destro della nostra bomber e pilastro giallorosso Serena D’Amico. Quella è stata veramente una batosta per tutte noi. Avremmo potuto fare sicuramente meglio se tutti questi infortuni non avessero inciso tanto sul nostro percorso, ma siamo pronte a rimboccarci le maniche. Do comunque un voto 7 alla stagione della squadra, per l’impegno e i sacrifici fatti da tutte noi".
L’anno prossimo sarà ancora serie C. Quali obiettivi personali vi porrete?
R: "Il mio obiettivo personale è quello di tutta la squadra: la Serie B. Sognare non costa nulla e ce la metteremo tutta come abbiamo sempre fatto per far sì che questo sogno diventi realtà".
A: "Per la nuova stagione intanto mi auguro che la fortuna inizi a girare un po’ anche dalla nostra parte e che la sfortuna della scorsa stagione si faccia da parte. L’obiettivo che ci poniamo tutte è quello di arrivare più in alto possibile. Il mio personale obiettivo è quello di riuscire a segnare il mio primo goal con questa maglia. Spero anche in meno acciacchi fisici [ride n.d.r.]".
C’è mai stata la possibilità che nella vostra vita il destino vi dividesse in squadre diverse?
R: "Oltre al Lecce abbiamo giocato insieme nel Bologna per una stagione, poi dopo le strade ci hanno divise quando io mi sono dovuta trasferire a Pavia e per non stare ferma decisi di giocare per una squadra di provincia che militava in Serie C (Gropello Cairoli) senza mai aver smesso di pensare al ritorno a casa, con i nostri colori addosso e così è stato".
A: "Si, mia sorella ha giocato per due stagioni in una squadra nella provincia di Pavia. Quella è stata l’unica volta in cui non abbiamo indossato la stessa maglia. Mi auguro di continuare ad indossare i colori giallorossi per il resto degli anni insieme a lei, non riuscirei più vedere altri colori sulla mia pelle".
Cosa significano per voi, cresciute in Germania, Lecce, il Lecce e il Salento?
R: "In Germania siamo cresciute e abbiamo passato tutta la nostra infanzia. Per me lasciare la famiglia, gli amici, la scuola, il calcio e tutto il resto a me caro, è stato difficile, tanto da non rivolgere la parola a nessuno per più di un mese. Reputo la Germania casa mia, ma un sogno nel cassetto sin da piccola l'ho sempre avuto, ed era quello di indossare la maglia del Lecce...e ci sono riuscita, insieme a mia sorella. Lecce è una città meravigliosa, tra le più belle d'Italia: qui ci sono nata, nelle vene scorre sangue giallorosso ed è un privilegio per me indossare questa maglia, la mia maglia, i miei colori".
A: "Non lo nego, la Germania è il Paese al quale sono ancora molto legata: è la mia casa. In fondo lì ho mosso i miei primi passi, ho pronunciato le mie prima parole, ho trascorso tutta la mia infanzia e mi manca ogni giorno, ma la vita mi ha fatto anche un regalo bellissimo, quello di farmi nascere in una terra meravigliosa come il Salento. Ho anche la fortuna di vivere a due passi dal mare, ovvero, a Porto Cesareo. Quindi non posso lamentarmi. E che dire poi di Lecce, una delle città più belle d’Italia. Quella città per cui ho sempre sognato di giocare ed oggi posso ritenermi davvero soddisfatta di indossare i colori giallorossi da ben 11 anni e di lottare con orgoglio per questa maglia. Per questo permettimi anche di ringraziare un’altra volta, infinitamente, le due colonne portanti di questa società, Lino e Vera, per me due splendide persone, che dedicano il loro tempo alla propria squadra con dedizione e professionalità. E un doveroso GRAZIE alla mia famiglia per tutti i loro sforzi e i loro sacrifici per avermi fatta arrivare fin qui".
I sacrifici fatti per raggiungere il vostro sogno di giocare in maglia giallorossa vi hanno ripagato. Avete mai pensato di allenare o entrare a far parte della dirigenza del club salentino in futuro?
R: "Per vari motivi non ho mai pensato di allenare. Per quanto riguardo un ruolo in società, sì, perché no?!"
A: "Sinceramente non ho mai pensato di allenare, non mi ci vedo in questo ruolo [ride n.d.r.], ho sempre detto che bisogna avere la stessa pazienza del nostro mister Vera Indino per poter svolgere questo “mestiere”. Non ho nemmeno mai pensato di entrare a far parte della dirigenza salentina in futuro, però non mi dispiacerebbe. Per adesso mi godo il ruolo da calciatrice, poi chissà cosa mi riserverà il domani. So per certo che vorrei rimanere sempre legata a questi colori e a questa società".
Un enorme ringraziamento e un enorme abbraccio alle sorelle Carrafa per averci concesso quest’intervista doppia, con l’augurio di portare sempre più in alto i colori del Lecce, magari anche ai massimi livelli del calcio italiano.
Raffaella ci tiene a concludere l’intervista con un saluto speciale: “Infine, se posso, oltre alle mie compagne e a tutto lo staff, vorrei salutare mio padre, mia madre e mio fratello, che hanno sempre creduto in noi e soprattutto dobbiamo tutto a loro”.
Di Fulvio Buongiorno
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