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CAROLINA MORACE: "LA MIA VOGLIA ERA ESCLUSIVAMENTE QUELLA DI GIOCARE E DIVERTIRMI"-PARTE 1


Intervista a Carolina Morace, allenatrice di calcio, dirigente ed ex calciatrice di professione attaccante, nata a Venezia il 5 febbraio del 1964. Ha raccontato il suo passato professionale, commentando anche le vicende attuali del calcio femminile italiano.


PARTE 1


La sua passione per il calcio l'hai avuta fin da piccola e chi e cosa ti hanno portata a decidere di intraprendere la carriera di calciatrice?

"Non c'è stato un momento in cui abbia deciso di fare la calciatrice, essendo figlia di un' ufficiale di marina, così come tutti i figli di militari, giocavamo in un campetto di periferia 5 contro 5. Lo stesso aveva una rotonda da dover dribblare e le porte in legno, giocavamo assieme ai nostri genitori e una volta raggiunti gli undici anni di età, una squadra di calcio femminile di serie D, venne ad allenarsi nel campo più grande adiacente al nostro; mio padre mi propose quindi di andare ad allenarmi con loro e da lì cominciai la mia avventura calcistica".

Che ricordi hai e che emozione è stata arrivare a vincere il primo dei tanti scudetti vinti ad appena 18 anni?

"Nel Trani, che è stata la mia prima esperienza, trovai una società modello che nulla aveva da invidiare alle società professionistiche attuali. La società aveva, difatti, un presidente che decideva ed organizzava gli eventi, c'erano tanti sponsor e si giocava in uno stadio, quello di Trani, sempre pieno con tantissima gente che seguiva le nostre partite con entusiasmo e ci ammirava riconoscendosi quasi in noi.

Dal punto di vista emozionale, sono state tutte vittorie simili, ma quella che ricordo con maggiore affetto è, appunto, quella di Trani proprio perché si aveva l'impressione di giocare tra i professionisti".


Com’è stato il debutto, appena quattordicenne, in nazionale contro la ex Jugoslavia?

"Quell'anno Sergio Guenza, l'allora C.t. della nazionale, reclutava dalle squadre di serie D, come ad es. il Belluno, il Como e il Tigullio una squadra ligure, le giocatrici più brave e venni quindi reclutata io che militavo nel Belluno insieme ad altre giocatrici tutte più grandi di me. Il primo ricordo che ho di quella gara fu che strappai letteralmente l'erba del campo dalla voglia che avevo di giocare e di divertirmi perché la mia voglia era esclusivamente quella di giocare e divertirmi".

Con che spirito e con che motivazioni hai deciso dopo 24 anni di carriera di appendere gli "scarpini al chiodo”, per intraprendere la professione di allenatrice?

"La prima motivazione che mi ha indotto a capire che era arrivato il momento di smettere è stata quella di non sentirmi più in grado di fornire le stesse prestazioni di quando ero giovane. La seconda è che volevo smettere bene, ovvero senza trascinarmi e portarmi fino allo sfinimento, anche perché provo molta tristezza in chi smette e poi ricomincia quasi a voler dimostrare di essere ancora in grado di fornire le stesse prestazioni di prima. Io, difatti, ritengo anche, forte della mia parallela professione di avvocato, che la sola cultura calcistica non basti per poter poi esercitare altri ruoli all'interno del mondo del calcio senza una cultura di base costruita nel corso degli anni".


C’è qualcosa che rimpiangi di non aver vinto o compiuto da calciatrice?

"Il mio primo rimpianto è quello di non aver giocato in un club professionistico e soprattutto di non aver avuto l'opportunità, poiché i grandi club stranieri non esistevano ancora, di giocare all'estero. Mi sarebbe piaciuto tantissimo allargare ulteriormente il mio bagaglio culturale con un'esperienza in terra straniera".


Con le giocatrici che hai allenato nelle tue esperienze di club e in quelle in nazionale che rapporto hai instaurato? Esclusivamente professionale o c’è qualcuna che senti attualmente?

"La prima che ricordo con affetto è Betti Bavagnoli, che oltre ad aver condiviso le esperienze professionali come mia seconda in Nazionale sia italiana che canadese, e con la quale essendo vicine di casa abbiamo costruito anche uno splendido rapporto di amicizia che mi porta a considerarla la mia migliore amica. Altre come ad es. Paola Bonatto con la quale ci siamo anche viste, Emma Iosselli e Fabiana Correra le sento spesso su Facebook per condividere anche esperienze professionali".


Di Lorenzo Bianca

Photo credit: FIGC

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